Lo sprezzo del tutto: come Miles Davis quando suonava una nota ogni mezz'ora, con le spalle girate al pubblico, sintetizzato in quell'etichetta che non dice nulla. Guccione non la fa lunga, da normanno affilato e pugnace, non sta a raccontartela: Vino Rosso, e cos'altro dev'essere? E quella "B" che solo agli iniziati significa blend. Nerello Mascalese e Perricone. Niente da dire, due molossi nella stessa gabbia. Una piccola bottiglia di vetro.
Riluttante a concedersi alla luce: nero. Bordi rubino sanguinoso, lontano dai sentimenti della pietà e della carità, come si deve ad un normanno: ma non dalla grazia, che traluce dal bicchiere con ferma severità. E non cercare in quel bicchiere confusioni di mondi, troverai i camini spenti di banditi dopo che se ne sono andati, magari cancellati con mazzi di cespugli del bosco per far perdere le tracce. E troverai borse di cuoio piene di reperti degli ultimi viaggi, fossero solo bacche e radici amare.
Se poi ti resterà sangue abbastanza da berne un sorso, ti lascerai avvinghiare dall'alcool, e perdere da quella buccia ghiaccia, come fossero acini dimenticati sulla pianta nei mesi d'inverno.
E sul finale i tannini si faranno beffe del sorso, trattenendolo con moke di caffè, liquori vecchi, panche di legno molto usato.