Mi è piaciuta molto l’idea di cominciare questo 2015 tutto da scoprire con un rosato (abbiamo tutti bisogno di vedere la vie en rosé…) e con un vino proveniente da quella regione di cui ho già più volte celebrato, con tanti articoli, la forte vocazione rosatista, anche da vini ottenuti da vitigni non convenzionali, che sono le Marche e da un’azienda giovane, ma determinata a far bene, posta nientemeno che in posto caro ai mie ricordi alla Urbino dei Raffaello Sanzio, Paolo Volponi, del cardinale Giulio della Rovere, di Vale46 (Rossi) di Papa Clemente XI e segnata dalla lunga presenza come rettore dell’Università, di Carlo Bo. L’azienda, di cui ho assaggiato un vino ma ho “in canna” anche l’altro, consta di qualcosina come 360 ettari a coltivazione biologica posti all’interno dell’Oasi Faunistica de La Badia e consta di quattro realtà: l’Urbino Resort, o albergo diffuso, l’Urbino dei Laghi, ovvero ristorante con chef stellato ma anche pizzeria, l’Urbino Horses, centro per turismo equestre e l’azienda agricola biologica denominata Urbino Agricola.
Un’azienda vinicola certificata CCPB, “basata su un metodo di produzione che rinuncia allo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali al fine di salvaguardare la fertilità naturale del terreno, bandendo l’utilizzo di sostanze chimiche e prediligendo l’uso di materiale organico”. L’azienda vinicola è condotta da Marianna Bruscoli e dal 2014 l’intera filiera produttiva dei vini ha acquisito certificazione biologica I.M.C. al 100% con conseguente inserimento del logo europeo su tutte le etichette e con distribuzione della nuova produzione 2014 nelle enoteche tra Marche e Romagna”. L’Azienda vinicola è posta nel cuore del Montefeltro, nell’Oasi Faunistica de “La Badia”, un’area all’interno del bacino idrografico del fiume Foglia ed è caratterizzata da colline marnoso-argillose, boschi, pianure fluviali e maestose querce secolari. Un’area sottoposta a costante salvaguardia, conservazione e recupero del suolo con interventi di forestazione, faunistici, silvo-pastorali e idraulico-agrari.
Dopo dieci anni di conduzione eco-sostenibile l’azienda conta su vigneti posti sui territori di San Giacomo in Foglia dove produce vini da vitigni come Sangiovese, Verdicchio, Incrocio bruni 54 100%, (e purtroppo anche Merlot e Syrah) curati da enologi di vaglia quali Roberto Potentini e Giuseppe Camilli. I vini portano nomi legati alla tradizione della famiglia Bruscoli e alla storia del luogo, comeil Fortercole (Blend 50% Merlot – 50% Syrah) rosso che si presta ad un lungo invecchiamento; il Bellantonio (Incrocio Bruni in Purezza 54 100%) in ricordo del nonno Antonio. E l’Isabecta Brut (100% Verdicchio) e Isabecta Rosato (100% Sangiovese) vini spumanti di qualità, che portano invece il nome di IsaBecta de Lominis, madre di Giovanni Santi e nonna del celebre Raffaello, che nel XV secolo ricevette in dote parte della Tenuta nella quale oggi viene prodotto il vino. Sì, direte voi, tutte suggestive queste storie, ma i vini?
In attesa di provare il Bellantonio che m’intriga assai e le bollicine da Verdicchio il primo gennaio mi sono allegramente sparato giù non uno Champagne o un Franciacorta (da Trento ormai mi arriva quasi nulla, sono stato messo nella lista dei cattivi…) bensì questo Isabecta rosato 2013, Marche spumante di qualità Brut a base Sangiovese 100%, da un vigneto del 2008 a cordone speronato piantato in località Pantiere esposto ad est con 4000 ceppi su terreno collinare di medio impasto tendente all’argilloso, ma ben drenato, con produzione media di 80 quintali ettaro. Un vino la cui scelta sorprenderà chi mi sa estimatore delle bollicine metodo classico, perché è vino che nasce dapigiatura soffice delle uve, fermentazione a bassa temperatura e successiva rifermentazione in autoclave, ovvero Charmat – Martinotti, per 4 mesi per la presa di spuma che avviene molto lentamente. Periodo seguito da uno di sei mesi dopo la presa di spuma.
Non voglio dirvi che sia il rosato della vita, ma alla mia voglia di aprire l’anno enoico in souplesse, dopo che al 31 dicembre avevo brindato con ben altre “bulles”, con qualcosa di simpatico, non impegnativo e gradevole, ha risposto benissimo, con il suo colore rosa antico melograno brillante, il bel perlage sottile e continuo, un naso fresco, salato, piacevole molto pulito e vivo tutto profumato di ciliegia piccoli frutti rossi, agrumi con bella fragranza e apertura e una bella vena salata e un gioco leggero dolce salato frutto/acidità mineralità. Bene anche l’attacco in bocca moderatamente secco, rotondo succoso, piacevole, con un bel frutto che prevale inizialmente, ma che poi lascia emergere una sana acidità, una grande freschezza, un gran sale, con un bel carattere territoriale un indubbio equilibrio, con godibilità piacevolezza, e una innegabile eleganza. Indicato su antipasti a base di pesce, crostacei, primi piatti, servito freddo ma non ghiacciato. Prosit!