Quando le cose erano più semplici, e le sofisticazioni erano solo un sistema per nutrire un milione di figli un milione di giorni, fitti uno dietro l'altro, si uccideva il maiale a casa. Il macellaio itinerante - al pchèr - veniva a casa, approntata per la bisogna: sgomberata la sala da pranzo, taglieri ovunque, la macchina per macinare la carne, e una sensazione generale di baccanale senza freni inibitorii. Uomini e donne attorno al tavolo a infilare paste speziate nelle budelle gentili con il condimento di battute di casermaggio, con i maschi che ridevano forte e le ragazze che ghignavano sotto i baffi. Avevano i baffi le donne di campagna degli anni sessanta, e si inventavano detti per tollerarlo: "donna baffuta sempre piaciuta".
Ho fatto in tempo a vedere il torchietto dei ciccioli, il "croccante di maiale", come lo chiamiamo adesso: cuoceva otto ore nel fuocone e poi la forza di cento braccia lo strizzava nella pezza di canapa. poi l'alloro e le spezie, e la manovella che girava a spruzzare via i grassi.
Non ho visto invece i sanguinacci, la più carnale delle espressioni del sacrifizio: ne facevano frittelle, dice, buone per i bimbi, dice. A casa mia erano già troppo pudibondi per questa festa pagana, e stavano un po' ritratti: salsicce, culacce e cotechini, ma non il sangue che faceva greve. Assaggiati qua e là: la black sausage in Britannia, o la vulcanica salsiccia nera iberica: sempre con sentimenti di contrasto.
Quando Maurilio Garola - cuciniere emerito della Ciau del Tornavento - mi ha detto "le faccio assaggiare il sanguinaccio" ho esultato. Non la versione ancestrale, nera e rustica: ma una cosa migliorata dalla sapienza. Tutti i ritagli della testina, le verdure, gli aromi le spezie. Il sottovuoto: venti minuti nell'acqua bollente, e una purea di patate senza formaggio per accogliere, abbracciare e sostenere.
Il sanguinaccio è polpacciuto, senza essere obèso: cartilagini e non grassezze. Il colore neroviolaceo, punteggiato degli ingredienti: all'assaggio lo troverai più accogliente, meno guerresco di quanto t'aspetti. Invece, quasi raffinato nelle sue pieghe di consistente carnezzeria, tutt'altro che impervio. Verdure e spezie pungono ed emergono, in un assaggio che non ha confini: rutilante.
Immaginalo con un bicchiere di barbaresco, di quelli giusti.