Dan Barber
Dan Barber, intellettuale contadino, non è solo uno chef: è un pensatore e un coltivatore diretto. Ma soprattutto è un visionario, che riesce a coniugare etica e affari, sostenibilità e gusto, successo internazionale e chilometro zero.
Vita e carriera
Nel 1992 Dan si laurea alla Tufts University, dove ha studiato Scienze politiche e Inglese: non il classico percorso propedeutico a una carriera tra i fornelli, ma è questa la strada che Barber intraprende, andando in California per lavorare nella cucina della leggendaria Alice Waters a Chez Panisse. Di ritorno nella Grande Mela, si iscrive al French Culinary Institute, dove si diploma nel 1994. Segue una breve esperienza a Parigi con lo chef Michel Rostang; anni dopo - cioè nel 2019, quando prenderà due stelle con il suo secondo ristorante - commenterà così l’atmosfera che si respira nelle cucine in Francia: “Il senso di rispetto e la soggezione per la tradizione che la guida Michelin ha inculcato nella cultura gastronomica francese è enorme”, dirà, ricordando di essere stato in un ristorante le cui pareti erano decorate esclusivamente con vecchie copie della Guida.
Nel ’96, dopo aver lavorato ancora un po’ come dipendente a New York, Dan Barber avvia finalmente un suo business: ma non è un ristorante, è un catering, che porta il suo nome (anche questo più tardi diventerà Blue Hill).
Blue Hill in città e in campagna
Il successo di pubblico e critica è immediato, ed è così impressionante che appena un anno dopo David Rockefeller gli chiede di prendersi in carico la sua proprietà terriera nel Westchester, sempre nello stato di New York. Sono circa 1500 ettari di terra, una vera manna per lo chef con il pallino dell’agricoltura: Rockfeller investe 30 milioni di dollari, il risultato è lo Stone Barns Center, un centro sperimentale e educativo su agricoltura e cibo, e l’annesso Blue Hill at Stone Barns Restaurant.
Premi e riconoscimenti, da Obama alle stelle
Barber nel 2009 è stato inserito tra le 100 persone più influenti del mondo nell’annuale famosa classifica del Time. Il Blue Hill at Stone Barns è nei World’s 50 Best, in posizione 28 nel 2019. Il ristorante in città ha preso una stella Michelin nel 2008 e non l’ha più lasciata. Ma il risultato strabiliante l’ha ottenuto nel 2019 il locale di Pocantico Hills: lontano dai giochi della Guida dell’omino relativa a New York per la sua posizione fuori città, a un certo punto i critici Michelin hanno annunciato che dal 2019 sarebbe stata presa in considerazione anche la zona di Westchester. Non è azzardato supporre che l’abbiano fatto proprio per includere il Blue Hill, ma grande è stata la sorpresa e la felicità nello staff di Barber quando a ottobre 2019 al ristorante sono state assegnate direttamente due stelle.
Infine, Barber ha collaborato con il presidente Obama, che lo ha inserito nel President’s Council on Physical Fitness, Sports, and Nutrition; lo chef è inoltre un membro dell’Advisory Board dell’Harvard Medical School Center for Health and The Global Environment.
Vita privata
Il Barber pensiero: libri, articoli, lezioni, social
Tutto questo pensiero è veicolato in una molteplicità di canali. Innanzitutto sono anni che Barber scrive di alimentazione e politiche agricole sui principali giornali americani: New York Times, Gourmet, The Nation, Saveur, Food & Wine. Nel 2014 è uscito il suo libro-mainfesto: The Third Plate: Field notes on the future of food, tradotto in italiano da Bollati Boringhieri con il titolo La cucina della buona terra. Storie di passione per il cibo. Il titolo originale, “Il terzo piatto”, indica l’evoluzione che Barber auspica nello stile dei consumatori di cibo: dal modo poco sano e sostenibile del fast food (primo piatto), allo stile di consumo attuale, attento all’ambiente e alla qualità, ma sempre sbilanciato da un punto di vista nutrizionale e di concetto (secondo piatto), fino a una composizione che privilegia quantitativamente le verdure e delle proteine animali fa un uso minore e variato, con grande presenza del quinto quarto.
Barber è stato il protagonista di una puntata della prima stagione di Chef’s Table, la serie di documentari monografici di Netflix. E usa i suoi canali social non tanto per promuovere i suoi ristoranti e le sue attività, quanto per diffondere informazioni e portare avanti il dibattito sull’agricoltura e l’allevamento moderni.
Sono famosi i suoi Ted Talk: sulla sostenibilità della piscicoltura estensiva e ancora di più quello sul foie gras, il fegato d’anatra o d’oca normalmente ottenuto con il crudele metodo del gavage, l’ingozzamento forzoso del volatile.
Dan Barber, ricette e menu
Trenta e più portate di piccoli assaggi, per lo più vegetali. Diversi non solo a seconda della stagione, ovviamente, ma differenti anche da un giorno all’altro a seconda di quello che si trova nell’orto, e persino mutevoli da tavolo a tavolo nella stessa giornata. Molte portate si mangiano con le mani, molte non si consumano a tavola ma in giro per la fattoria: per il pane si va nella bakery, per le patate cotte nel compost (eh già, perché la fermentazione dei rifiuti organici produce calore, e quel calore mica lo vuoi sprecare così) si visita l’apposito locale. Il tutto condito da una serie di spiegazioni e racconti, com’è giusto che sia.
Semi, sapori e sprechi: la rivoluzione soft di Dan Barber
Dal canto suo, lo scienziato è rimasto sbalordito dalla richiesta di Barber: si può ottenere un sapore migliore? In effetti in agricoltura tutti i miglioramenti sono normalmente volti ad ottenere una resa più alta: stessa terra = maggiore produzione. Nessuno aveva mai chiesto a Mazourek di fare una zucca buona. Ma è proprio questo ciò che fanno da quel momento i due: creano una varietà di zucca molto più piccola ma dal sapore incredibilmente dolce. Lo scambio tra cucina e laboratorio di ricerca è proficuo nei due sensi: alla Cornell per testare le nuove varietà di verdure le facevano bollite, ma Barber li ha iniziati alle meraviglie della caramellizzazione degli zuccheri interni.
Nel 2017 poi questa esperienza darà vita alla Row 7 Seed Co., un’azienda sementiera volta alla creazione di nuove varietà, ma anche alla democratizzazione di queste conoscenze: Barber si fa un punto d’onore nel mettere a disposizioni di tutti le sue creazioni, e a prezzi abbordabili.
Un altro tema in cui spinta imprenditoriale e spinta etica in Dan Barber trovano consonanza perfetta è quello degli sprechi alimentari. In una intervista al Guardian lo chef ha spiegato come uno dei metodi tipici del biologico, cioè la rotazione delle colture per non togliere nutrimento ai terreni, si traduca in un grande spreco perché tutti i raccolti di rotazione (ad esempio le leguminose nei campi di grano) vengono buttati. Questo rende la cosa sostenibile da un punto di vista ambientale - o meglio dal solo punto di vista del terreno, che non viene impoverito - ma assolutamente folle dal punto di vista economico: “Ecco perché il biologico costa così tanto. Ma se si vuole rendere questa coltivazione democratica e sostenibile, dobbiamo incominciare a mangiare i vegetali diversi”.
Grandi ideali, ma anche grande senso pratico, e grande ottimismo. Perché cibo salutare, Barber lo sa bene, non vuol dire sacrificare il sapore, anzi il contrario. “Per questo penso che il movimento farm-to-table sia destinato al successo: perché è basato sulla bontà, sul piacere, sull’edonismo”.