Gordon Ramsay
Belloccio, la sua testa bionda spettinata è un’icona. E' stato la prima incarnazione dello chef come figura mediatica, presente più nell’immaginario collettivo che dietro ai fornelli. Famoso più per una frase colorita e un tono di voce che per un piatto o una tecnica. Un caso unico, nel bene e nel male.
La fame delle origini, l’origine della fame
Non è assurdo considerare decisivi questi primi anni per la formazione di molte delle caratteristiche del futuro chef: per imitazione o per contrasto rispetto a Gordon James Ramsay senior (sì, il nostro si chiama proprio come il padre) ci troviamo infatti di fronte a un temperamento segnato da irrequietezza, aggressività, ambizione, insoddisfazione costante, voglia di rivincita.
Il mito del Ramsay calciatore
Dal canto suo, lo chef addirittura dirà: “Il dolore per aver lasciato a causa dell’infortunio è stato lenito solo molti anni dopo, quando ho ricevuto la prima stella Michelin” e “Senza quel colpo, non sarei quello che sono oggi”. Il che, ancora una volta, racconta molto sia della sua smisurata ambizione sia della meticolosa costruzione del personaggio: l’eroe solitario che supera avversità e ingiustizie solo per riemergere più forte di prima.
Gli inizi in cucina
“Non credevo ci fosse qualcuno in grado di far piangere Gordon”, dirà un testimone di quegli anni. Ramsay, che pure gli deve tanto a livello tecnico, dopo più di due anni lo lascerà per andare ad approfondire la cucina francese: prima nella stessa Inghilterra e poi a Parigi. Dai 23 ai 26 anni, per Ramsay è un periodo decisivo ma stressante, tanto che si prende una sorta di anno sabbatico andando a fare il personal chef su uno yacht: solcando vari mari, tra cui il Mediterraneo, conosce meglio la cucina italiana.
Da chef di cucina a capo di un impero
Il periodo successivo, gli anni zero, è caratterizzato da continue aperture ed espansioni: il noto Pétrus, poi Glasgow (Amaryllis), il ristorante presso l’hotel Claridge's. Sempre in un albergo, il Dubai Creek, è la sua prima apertura intercontinentale, negli Emirati. Seguirà Verre, ancora a Dubai, e due locali a Tokyo (Gordon Ramsay at Conrad Tokyo e Cerise by Gordon Ramsay). Nel 2006, Ramsay sbarca a New York, la città più raffinata e ostica in quanto a fine dining: vince un premio dedicato alle nuove aperture, anche se i critici sono divisi. Segue l’Irlanda, e poi la West Coast americana, nel London West Hollywood Hotel di Los Angeles, e il Canada.
In totale, i suoi ristoranti hanno conseguito 16 stelle Michelin, e attualmente ne detengono 7. Una strategia espansiva impressionante, ma non priva di astuzia: piuttosto che puntare sul franchising, Ramsay si è inventato un nome e una formula diversa per ogni apertura, spesso dando fiducia e visibilità ai suoi protetti (tra cui Angela Hartnett) ma altrettanto spesso terminando le collaborazioni con litigi e insulti.
Con lo stesso suocero, Chris Hutcheson, suo partner in affari nella company Gordon Ramsay Holdings Limited, è finita in tribunale, prima per una questione di soldi e poi per l’accusa, dimostratasi vera, a Hutcheson di aver spiato la mail di lavoro di Ramsay.
Tuttavia, lo chef scozzese non si ferma: secondo Forbes nel 2019 Ramsay avrebbe ricevuto da un fondo 100 milioni di dollari per aprire 100 ristoranti entro il 2024.
Credits immagini: Greg Gayne, Lisa Barber
Televisione, croce e delizia
Le urla, le scenate, gli improperi e le offese personali sono molto televisive, e tanto più aumentano i beep per coprire le parolacce, tanto più l’audience sale. Quindi, il Ramsay personaggio feroce è totalmente costruito e funzionale a questa narrazione? Difficile dirlo, ma certo una sincera tendenza all’aggressività non manca.
È lo stesso chef ad ammettere che ormai non cucina quasi più, se non davanti a una telecamera: al massimo qualche volta prepara una bistecca per i figli. Anche se su questa cosa della TV non transige: “Io non sono una celebrity!”, ha urlato all’intervistatore: “Tutto quello che faccio è per restituire al mondo del food quanto ho avuto”.
Credits immagini: Jill Mead, Greg Gayne
Vita privata e pubblica
Nel ’96 ha sposato Cayetana Elizabeth Hutcheson, insegnante, da cui ha avuto 5 figli: Megan, Holly, Jack, Matilda eOscar;
Belloccio, la sua testa bionda spettinata è un’icona. Si tiene in forma facendo sport e mangiando poco per ogni pasto: assaggia, un po’ come se stesse sempre facendo il giudice in TV. D’altro canto, deve anche seguire le evoluzioni della cucina internazionale, e quindi è possibile che in un mese mangi fuori 47 volte, con conseguenti problemi alle arterie.
E a un certo punto ha rimosso le famose rughe che gli solcavano il viso: con il laser, non con il botox, e a suo dire non solo per esigenze televisive ma anche per far piacere ai figli piccoli.
Credits immagine: Lisa Barber
D’ora in avanti sarò più calmo, fuck!
Un brutto carattere?
Comunque, del buono in Ramsay deve esserci: non solo perché lo dice la moglie (“All’inizio non lo sopportavo… ma bisogna distinguere la sua immagine pubblica dalla persona gentile e premurosa che è a casa”), o addirittura chi è entrato in conflitto con lui (“Un cafone in cucina, un tipo simpatico fuori”). Basterebbe solo guardare come cambia con i ragazzini in Masterchef Junior.
Al di là degli insulti, spesso Gordon Ramsay è stato al centro di polemiche per dichiarazioni poco politicamente corrette: "Non sposerei mai una chef, non c’è niente di meno sexy di una ragazza che ha tenuto per tutto il giorno le mani nel didietro di un piccione”.
Credits immagine: Greg Gayne
Curiosità
Filmografia
Boiling Point e Beyond Boiling Point, documentari a puntate prodotti dal britannico Channel 4, rispettivamente nel 1998 e nel 2000. Un altro film-documentario è Ramsay – Trouble at the Top, del 2002, sulla sua avventura nel rilevare e ristrutturare il ristorante del Connaught Hotel.
Poi ci sono le partecipazioni come attore: nella commedia Love's Kitchen (2011) e nel film dei Puffi Smurfs: The Lost Village (Viaggio nella foresta segreta), dove presta la sua voce al puffo panettiere.
Da ricordare anche il videogioco Hell's Kitchen: The Game, basato sull’omonimo programma tv (2008).
Libri di Gordon Ramsay
Dal 1996, Ramsay ha scritto 26 libri, molti dei quali tradotti in italiano. Ha una rubrica sull’edizione del sabato del quotidiano britannico The Times.
Humble Pie, HarperCollins, 2006 (Autobiografia, in inglese)
Un sano appetito. Ricette da «F» word, Guido Tommasi Editore-Datanova, 2011
Il pranzo della domenica e altre ricette da «F» word, Guido Tommasi Editore-Datanova, 2011
Uno chef a tre stelle, Guido Tommasi Editore-Datanova, 2012
In cucina con Gordon Ramsay, Sperling & Kupfer, 2012
Cucinare per gli amici, Guido Tommasi Editore-Datanova, 2012
A tavola con Gordon Ramsay, Sperling & Kupfer, 2013
Facciamola facile!, Guido Tommasi Editore-Datanova, 2013
Natale con Gordon, Guido Tommasi Editore-Datanova, 2014
Le mie migliori ricette, Sperling & Kupfer, 2017
Libri su Gordon Ramsay
Neil Simpson, Gordon Ramsay: The biography, editore John Blake, 2007 (in inglese)
Neil Simpson, Gordon Ramsay: On Top of the World, editore John Blake, 2009 (in inglese)