Mulino Marino, una storia di mugnai da tre generazioni
In un paesino delle Langhe nascono delle farine prodotte da cereali provenienti da agricoltura biologica certificata e macinate sia a cilindri che a pietra naturale. Una pietra dell'800 che è il cavallo di battaglia di una famiglia di artigiani imprenditori.
E nel Mulino Marino, oggi condotto dai figli e dai nipoti del fondatore, la cosiddetta martellatura, detta anche rabbigliatura, per ravvivare la pietra francese di fine ‘800 delle macine si tramanda da tre generazioni. "Saper battere a mano la pietra della macina livellandola, segnandone i canali e ravvivandone le superfici per ottimizzare la macinazione dei chicchi, è il nostro segreto", ci spiega il trentasettenne Fausto, laureato in Biologia e oggi responsabile del controllo della qualità e dei rapporti con i clienti.
Gli inizi grazie al nonno partigiano e mugnaio
Tutto parte nel dopoguerra, dall’intuizione di Felice Marino, classe 1923, scomparso il 22 maggio 2017 e definito da Carlo Petrini “il più qualificato mugnaio della Langa”. Un onore come ci racconta Fausto, che ripercorre con noi la nascita dell'azienda: “nel 1956 mio nonno Felice e mia nonna Ida, da Mango, paese della Langa lontana dal celebrato Barolo, si spostano in valle e iniziano l’attività molitoria dedicata a forniture locali, decidendo di acquistare un mulino costituito da tre palmenti (le macine costituite da due blocchi monolitici di pietra) azionati con forza idraulica.
Una vita da mugnaio dopo la Seconda Guerra Mondiale: “Mio nonno era stato partigiano e aveva fondato la Seconda Divisione Langhe, comandata dal famigerato Nord, al secolo Piero Balbo, poi finito nel romanzo Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio".
Un affare di famiglie
Ognuno ha il suo ruolo, anche se tutti devono saper fare tutto come succede in un’azienda a conduzione familiare dove è importante saper essere intercambiabili. Flavio Marino è il mugnaio di famiglia e suo figlio Federico, classe 1994, dopo una laurea in Scienze Gastronomiche all’Università di Pollenzo, sta seguendo le orme paterne come responsabile di produzione. Ferdinando si occupa del controllo della qualità e dei rapporti con i clienti assieme al figlio Fausto; mentre l'altro figlio, Fulvio, classe 1985, laureato in Scienze della Comunicazione, è l’influencer di famiglia, molto abile a veicolare il brand sui social (lo vedremo sulla Rai nel nuovo programma di Antonella Clerici) oltre a cucinare e panificare, grazie agli insegnamenti della mamma, maestra d’asilo e ottima cuoca figlia di ristoratori
Attorno al Mulino ci sono poi tante famiglie: 18 sono i dipendenti, persone formate in Italia e all’estero per la professione di mugnaio.
La macinazione a pietra e la macinazione a cilindri
Gli anni '60-'70 che coincidono con il boom economico in Italia richiedono infatti prodotti più veloci da lavorare e facili da consumare, prodotti più omologati, dalle focacce alle paste fresche. Nasce in azienda una diversa necessità commerciale che porta a un investimento importante, senza comunque dimenticare il senso della tradizione e della qualità.
Oggi Mulino Marino conta su dieci mulini a pietra naturale, uno diverso dall’altro: "Per ogni tipologia di cereale abbiamo delle pietre dedicate, ad esempio separiamo le macinazioni tra grano tenero, duro o cereali alternativi, quali farro e segale. La macinazione a pietra naturale permette di ottenere farine non standardizzate e ricche dal punto di vista nutrizionale".
Artigiani ma tecnologici
Il passaggio al biologico
In seguito il Mulino ha iniziato a macinare i primi cereali alternativi al comune frumento (farro, segale, grano, riso, grano saraceno) e nel 1998 è nata la filiera dell'antico cereale Enkir, una selezione di farro monococco integrale, ad alto contenuto proteico.
"Il mugnaio è un lavoro bello e faticoso"
La parte bella? “Il mestiere in sé: vedere il camion che arriva con il carico del grano e vedere come si trasforma in farina, il confezionamento, la consegna al cliente e poi l’assaggio della focaccia, del pane o della pasta".
Quando Marchesi voleva la polenta
I prodotti
Molti vengono visitare il Mulino richiamati anche da una bottega con prodotti in vendita e dalla possibilità di vedere le fasi della produzione, dallo scarico dei grani alla pulizia, dai riposi e alle varie macinazioni.
Infine, una dritta per i consumatori: "La farina buona si riconosce andandola a toccare appena macinata dal mulino. Quindi, bisogna venire a trovarci”, conclude Fausto Marino. Il momento migliore? La terza domenica di maggio in occasione della "Sagra degli in": festa enogastronomica nata negli anni '90 che invade il paesino di Cossano e il cortile del Mulino di prodotti della zona che terminano con la desinenza “in”, come tajarin, ravioli al plin, salamin, trifolin, farina del Mulin, Furmentin e bon vin. Tanti produttori e la partecipazione del pizzaiolo Gabriele Bonci trasformano il piccolo centro piemontese in una rassegna folcloristica di eventi che negli anni è cresciuta.