Come si mangia in Luca, il nuovo film Pixar ambientato alle Cinque Terre

Il cartone animato è in streaming su Disney Plus dal 18 giugno: lo abbiamo visto in anteprima e abbiamo intervistato il regista, il genovese Enrico Casarosa. Che nel film ha messo molto della sua Liguria, iniziando dalle trenette al pesto

Santa Mozzarella, santa Ricotta, santo Pecorino e pure san Gorgonzola: il cibo è talmente importante in Luca, il nuovo cartone animato della Pixar, che le rare e uniche imprecazioni dei protagonisti hanno a che fare con i formaggi. È talmente importante che uno degli snodi principali della trama è legato a una gara a chi mangia più pasta. Pasta al pesto, ovviamente. Perché Luca, in streaming su Disney Plus dal 18 giugno, è ambientato in Liguria.

La redazione del Cucchiaio d’Argento ha avuto la possibilità di intervistare il regista, il genovese Enrico Casarosa, e parte dei doppiatori e anche di vedere il film con qualche giorno di anticipo sull’uscita: qui lo raccontiamo e raccontiamo come e che cosa si mangia in Luca, senza spoiler e senza svelare il finale, che è agrodolce come ogni estate vissuta in Liguria.

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Alcune scene del film

Portorosso, la sesta delle Cinque Terre

Questo breve lungometraggio (dura poco più di un’ora e mezza) è ambientato nella cittadina di Portorosso, che è immaginaria ma anche no: chiunque sia stato alle Cinque Terre non potrà fare a meno di notare le tante somiglianze con questo luogo (anzi, con questi luoghi) simbolo della Riviera ligure di Levante. Su una mappa la si vede posizionata poco a nord di Corniglia, esattamente dove nel mondo reale si trova Monterosso, che è sicuramente il paesino che ha ispirato di più gli autori: al di là del nome, sono immediatamente riconoscibili la fontana che sta all’ingresso della parte vecchia e le due strade principali che salgono verso l’alto, biforcandosi. Noi abbiamo colto citazioni anche di Riomaggiore e Vernazza, con le case che arrivano praticamente sino al mare, del molo di Camogli e in qualche modo pure della torre del castello di Porto Venere, perché una struttura simile fa inizialmente da rifugio ai protagonisti.

“Ho avuto la fortuna di crescere a Genova - ha ricordato Casarosa, che si è trasferito negli Stati Uniti quando aveva una ventina d’anni - e di passare molte estati in queste cittadine dove le colline sembrano salire su direttamente dal mare e dove il tempo sembra essersi fermato”. In Luca, il tempo si è fermato fra gli anni ‘50 e i ‘60, come si capisce bene dalla colonna sonora, fatta di arie dell’opera e di brani di Quartetto Cetra e Rita Pavone (si possono ascoltare più sotto dalla nostra playlist su Spotify): “Mia mamma è una grande amante della musica classica - ha ricordato ancora il regista durante l’intervista - e ci siamo fatti ispirare da questo e dalle tante canzoni pop di quell’epoca”. E la musica sembra perfetta per accompagnare la storia di Luca e Alberto, che sono due ragazzini ma anche no: hanno più o meno 13 anni e in realtà sono due mostri marini, vivono in fondo al Mediterraneo, sognano di vedere la superficie e quando finalmente la raggiungono scoprono che se stanno all’asciutto prendono le sembianze degli umani e passano più o meno inosservati. Ed è così che inizia la loro avventura.

Divorando le trenette… per conquistare una Vespa

Che è un’avventura che ha uno scopo (comprarsi un scooter con cui “girare il mondo”) e anche passa attraverso il cibo. Per racimolare i soldi necessari all’acquisto, Luca e Alberto e loro amica Giulia decidono di partecipare alla Portorosso Cup, una gara che si tiene ogni estate e che prevede una prova di nuoto, una in bicicletta e pure una sfida a chi mangia più velocemente un piatto di pasta. E così, mentre Luca si allena sui pedali, Alberto passa le giornate a imparare a usare la forchetta e a ingozzarsi di cannelloni, penne, fusilli, trofie e lasagne. Oltre che di trenette al pesto, preparato dal padre di Giulia usando mortaio e pestello (come nella nostra ricetta del pesto alla genovese).

Ma il cibo è presente davvero dappertutto nel film: il bulletto Ercole, col ciuffo impomatato e il maglioncino sulle spalle, ama i panini farciti; a Portorosso ci sono la gelateria (Luca e Alberto scoprono presto quanto sia buono il gelato), il bar con la macchina per il caffè espresso e l’immancabile trattoria. Lo sponsor della gara è la pasta Giorgio Giorgioni, in paese c’è ovviamente una focacceria, e anche se la focaccia compare una sola volta, lo fa in modo perfetto, tagliata a metà e farcita col prosciutto. E se sei cresciuto in Liguria, ricordi ancora quando la mamma te la preparava prima di andare in spiaggia: se eri fortunato ti capitava il cotto, ma se andava male e dentro c’era il crudo, ti veniva una sete che ti saresti bevuto il mare.

Nostalgia a parte, in Luca la questione del cibo è affrontata decisamente bene, un po’ perché il regista “giocava in casa”, un po’ perché alcuni degli autori hanno partecipato a due viaggi di ricerca proprio in Liguria: “Era importante che vedessero questi posti dal vivo e che li vedessimo insieme, sia per rafforzare il legame fra di noi sia per aggiungere realismo al film - ha chiarito ancora Casarosa - Siamo stati in tantissimi paesini, volevo che vedessero di persona la luce particolare che c’è da queste parti, il colore dell’acqua, che sentissero gli odori e i sapori”. Soprattutto, i sapori: “Non potevo lasciarli andare via senza che provassero la focaccia di Recco (quella col formaggio, ndr), così siamo entrati più o meno in tutti i panifici che abbiamo incontrato”. Di più, come ha ricordato Daniela Strijleva, la responsabile di produzione: “Appena siamo arrivati in Italia, la prima cosa che abbiamo fatto è stato andare a cena dai genitori di Enrico (Casarosa, ndr), per conoscerli, per conoscere meglio il vostro Paese e per goderci il cibo”. Perché il pesto è buono, ma il pesto della mamma è sempre meglio, figurarsi quello della mamma del regista, figurarsi se consumato in posti così belli e suggestivi come i paesini della costa: “Abbiamo fatto un po’ i turisti - ci ha spiegato sorridendo la produttrice Andrea Warren - ed eravamo turisti un po’ strani, tutto il giorno a fare foto a cose assurde, come un mattone, il muro di una casa, il riflesso dell’acqua, dettagli che magari non interessano a nessuno. E tutto il giorno a mangiare gelato”.

Sul gelato (qui la nostra ricetta per quello alla crema), l’osservazione più divertente l’ha fatta senza dubbio Jim Gaffigan, che dà la voce al papà di Luca: “Non so come fate ad averlo così buono, ad averlo così più buono che altrove - ha detto con un pizzico di nostalgia - È come se Italia e Thailandia e Messico avessero rubato il cibo migliore del mondo e se lo fossero tenuto per loro… forse dovremmo fare un altro viaggio, una sorta di viaggio di post produzione”.

Fra i cibi che in Luca mancano, e che invece in Liguria vengono consumati in abbondanza, e d’estate ancora di più, c’è soprattutto il pesce: a Portorosso c’è una pescheria, il padre di Giulia è un pescatore, ma raramente si vede qualcuno mangiare pesce (eccezion fatta per il gatto Macchiavelli). E però il motivo è chiaro: anche Luca e Alberto sono creature del mare, quindi vederli mangiare qualche loro “amico” con le squame sarebbe stato piuttosto strano.

L’Italia vista con gli occhi degli americani

Anche perché il film è in realtà tutto un lungo, gigantesco inno all’amore, alla fratellanza, all’amicizia. All’amore per l’Italia e per i suoi paesini, “che fanno parte della storia perché è di uno di questi paesini che Luca s’innamora”, come ha fatto notare Warren. Soprattutto all’amore per l’idea che gli americani hanno dell’Italia, anche con alcune ingenuità che fanno un po’ sorridere: sulla piazza di Portorosso campeggia il classico cartello che ricorda che è “Vietato il giuoco della palla”, i tavoli della trattoria hanno ovviamente le tovaglie a quadrettoni bianchi e rossi, ogni tanto si sente il suono di un mandolino, che con la Liguria c’entra poco. Ancora: l’accento di qualche personaggio ha una cadenza più meridionale di quello che sarebbe lecito attendersi, Ercole e i suoi amici si esibiscono spesso nell’immancabile gesto del carciofo e fra i cognomi degli abitanti del paesino è tutto un fiorire di Pittaluga, Repetto, Revello e Ravatti.

Però il ritratto è decisamente fedele, genuino, vero: sono tantissime le espressioni tipiche di questa zona dell’Italia, come “mannaggia” e “porca paletta”, che magari nel mondo reale non si usano più così di frequente, ma che è comunque bello ritrovare in un’opera che sarà vista in tutto il mondo. E poi c’è l’interessante riflessione di Giulia: durante l’inverno vive a Genova con la mamma e raggiunge Portorosso solo d’estate e spiega a Luca e Alberto che i residenti la fanno sentire un po’ esclusa, come se non facesse parte della comunità, come se il fatto di essersene in qualche modo andata fosse in qualche modo una colpa. Perché, sì: i liguri sanno essere chiusi anche con gli altri liguri.

Ma non importa, perché proprio in questo periodo storico che stiamo vivendo, Luca è anche un bel messaggio di ripartenza, di desiderio di andare all’avventura e di viaggiare, di amore per la bellezza e per i posti suggestivi. E pazienza se il finale rischia di lasciare un po’ di amaro in bocca: è la Liguria, bellezza.

Ascolta la playlist Luca con le 9 canzoni ufficiali della colonna sonora

Emanuele Capone si è formato professionalmente nella redazione di Quattroruote, dove ha lavorato per 10 anni. Nel 2006 è tornato nella sua Genova ed è nella redazione di Italian Tech.

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