Dagli avocado alla quinoa, 8 falsi miti sul cibo smontati e spiegati
Cambiamo quello che mangiamo, ma non cambiano (o cambiano poco) i nostri dubbi, che riguardano soprattutto verdure e alternative vegetali. Che è il motivo per cui qui cerchiamo di spiegarle per bene
È difficile pure perché ci sono ancora tantissimi dubbi su tantissimi aspetti, a incominciare da quelli legati ai cibi a base vegetale (ve ne abbiamo parlato con il pezzo Come seguire (per bene) l’alimentazione vegana e la verità sul caso della B12), che costituiscono il “grosso” delle alternative alla carne e agli altri prodotti di derivazione animale. E però l’interesse c’è, ed è pure in crescita rispetto agli anni scorsi, che è il motivo per cui qui cerchiamo di smontare alcune bugie (o mezze verità) riguardano alcuni alimenti.
Gli allevamenti inquinano, ma quelli “a erba” no
Sì perché questi allevamenti non hanno necessità di togliere spazio alla natura per destinarlo alle gigantesche strutture usate per ospitare i capi di bestiame. E però no per molte altre ragioni: le mucche allevate così vivono più a lungo, dunque mangiano più a lungo, dunque hanno costi di mantenimento più alti e anche se inquinano meno, inquinano per più tempo (qualche anno fa lo dimostrò uno studio pubblicato sulla rivista Nature). Poi c’è la questione dei pascoli: secondo stime recenti dell’Università di Oxford, se sparissero e tornassero quello che erano prima (boschi e foreste), sarebbero in grado di processare ed eliminare ogni anno circa 8 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. E anche se ne tenessimo una parte per coltivare vegetali da usare per l’alimentazione umana, l’impatto inquinante sarebbe comunque enormemente più basso di quello che è ora.
La coltivazione degli avocado e la (presunta) siccità
Non solo: proprio perché la domanda è parecchio alta, è probabile che l’offerta salga ulteriormente, con la produzione di avocado che si sposterà anche in altre zone del mondo. Senza impattare più sul solo Sudamerica.
Le coltivazioni di quinoa affamano boliviani e peruviani
Inoltre, proprio come per gli avocado, il fatto che la produzione si sia spostata, e ancora si stia spostando altrove, come in Cina, India e Nepal, sta contribuendo, se non a eliminare il (presunto) problema, almeno a “distribuirlo”.
L’olio di palma distrugge le foreste e uccide gli orango
La verità su latte di soia e latte di mandorla
Allo stesso modo, non è vero che la coltivazione intensiva dei mandorli per produrre l’omonimo “latte” consumerebbe tantissima acqua e farebbe morire di fatica le api, costrette dall’uomo a un impollinamento massivo ogni primavera. Meglio: è vero in California, dove portano in effetti avanti una super-produzione di mandorle, ma non è vero in altri Paesi del mondo. E comunque, latte di mandorla e latte di soia hanno una “impronta inquinante” decisamente minore rispetto a quello vaccino.
I burger di non-carne non fanno bene alla salute
Come abbiamo raccontato parlando del cibo ultratrasformato (La mala-evoluzione del junk food: cos’è il cibo ultratrasformato), il segreto per evitare cibi dannosi è preferire prodotti non di provenienza industriale, privilegiare frutta e verdura di stagione, riprendere a cucinare e pure masticare di più e più lentamente. A prescindere da quello che si sta mangiando.
La questione della vitamina B12
Le migliaia di allevatori rimasti senza lavoro
Sì, ma altro cosa? Produrre cibo dagli insetti, che occupano meno spazio e inquinano meno, come già stanno iniziando a fare negli Stati Uniti (ne parliamo in Robot nei mattatoi e piantagioni di grilli coltivati dalle macchine); convertire gli impianti alla creazione di burger di non-carne o altre alternative vegetali e restare nel business; impegnarsi nella cura, nella riqualificazione e nel rimboschimento delle aree prima destinate agli allevamenti; creare “santuari” o fattorie didattiche dedicate agli animali, come già sta succedendo pure in molte zone d’Italia.
Difficile, ma non impossibile, come hanno dimostrato altri settori merceologici toccati dal cambiamento e dal progresso.
Emanuele Capone si è formato professionalmente nella redazione di Quattroruote, dove ha lavorato per 10 anni. Nel 2006 è tornato nella sua Genova, è nella redazione Web del Secolo XIX e scrive di alimentazione, tecnologia, mobilità e cultura pop.