Con tre milioni di tonnellate di cibo sprecato all'anno stiamo distruggendo il Pianeta
In Italia gettiamo più di 10 miliardi di euro in cibo sprecato all'anno, danneggiando l'ambiente e il portafoglio. Ma come mai sprechiamo così tanto? E, soprattutto, possiamo evitarlo?
Lo spreco alimentare non ha a che fare solo con i sensi di colpa e l’alleggerimento del portafoglio, ma con un problema enorme di risorse naturali e inquinamento. E l’esperienza della pandemia sembra averci fatto prendere coscienza del filo che unisce salute umana e ambientale e che la sorte che condividiamo in tutto il Pianeta è segnata, se non intensifichiamo subito l’impegno in difesa dell’ambiente.
Italiani sempre più attenti
La sensibilizzazione funziona, come già dimostrarono i risultati del 2020. L’anno scorso, infatti, ha fatto segnare dei passi avanti nella lotta agli sprechi alimentari, come rilevano i primi dati – incoraggianti – diffusi dall’Osservatorio Waste Watcher, che presenta oggi il suo rapporto dedicato all’Italia e secondo cui nel corso del 2020 nove italiani su dieci hanno maturato un’attenzione crescente nei confronti dello spreco di cibo. Già lo scorso anno nel nostro Paese per la prima volta lo spreco alimentare aveva segnato un’inversione di tendenza, facendoci risparmiare il 25% della cifra spesa l’anno precedente in cibo che non ha mai raggiunto il nostro piatto e nel 2021 sembra confermarsi la tendenza a una maggiore attenzione a quanto e cosa mettiamo a tavola (come vi abbiamo spiegato con l'articolo Mangeremo meno, mangeremo meglio: ecco perché ridurre è la parola chiave del 2021).
Questa mole di cibo sprecato a livello domestico pesa sul bilancio famigliare poco meno di cinque euro a settimana, una cifra apparentemente irrisoria, che però a livello nazionale raggiunge i 6,5 miliardi di euro annui e che, sommati agli sprechi che avvengono prima ancora di arrivare a casa dei consumatori – e cioè quelli che riguardano la filiera di produzione e distribuzione, arrivano a 10 miliardi di euro. Una bella cifra, che pesa non solo sul bilancio famigliare e aziendale, ma anche sull’ambiente, oltre a rimarcare le inefficienze e le diseguaglianze di un sistema mondiale in cui miliardi di persone non hanno un accesso sicuro al cibo e altri si permettono addirittura di buttarne.
Quanto inquina quello che (non) mangiamo
Il problema è quindi ambientale – oltre che etico – e, tra agricoltura e allevamento, dà un grosso contributo anche alla deforestazione. Basti pensare che ridurre gli sprechi alimentari di una percentuale tra il 50 e il 75% da qui al 2050 consentirebbe di risparmiare tra le 10 e le 18 gigatonnellate di anidride carbonica. Le conseguenze sono così grandi e urgenti che l’Onu ha inserito la soluzione degli sprechi alimentari tra i traguardi fissati per raggiungere i 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU 2030.
Fortunatamente – un po’ per necessità, un po’ per sensibilità ambientale – stiamo sviluppando una crescente consapevolezza della connessione fra spreco alimentare e salute dell’ambiente e dell’uomo. Resta ora da capire (ed emergerà dai dati odierni) in che misura l’esperienza della pandemia abbia influito sull’andamento degli sprechi. Se è vero che a livello globale le restrizioni agli spostamenti internazionali hanno contribuito ad aumentare gli sprechi lungo la filiera, la situazione emergenziale potrebbe aver aumentato la consapevolezza dell’importanza della difesa dell’ambiente. Le ristrettezze economiche legate a cassa integrazione e chiusura delle attività potrebbero averci resi più attenti e, nel periodo più duro del lockdown, molte famiglie hanno fatto propria la buona abitudine di andare al supermercato con la lista della spesa, per ridurre il tempo trascorso fuori casa.
Le buone pratiche: recuperare l’invenduto
I fronti su cui affrontare il problema sono molti: vanno migliorate, ad esempio, la conservazione e la logistica a livello industriale. Ma vanno anche stabilite nuove regole sugli standard estetici per frutta e verdura, che oggi, soprattutto nella grande distribuzione, escludono dalla vendita frutta e verdura non perfettamente conformi agli standard di dimensione e regolarità della forma, anche se perfettamente commestibili, gustose e genuine. Il problema, cioè, non può e non deve ricadere unicamente sulle spalle e sulla coscienza dei cittadini.
Allo stesso tempo, però, tutti noi possiamo fare qualcosa, cominciando a prestare più attenzione quando facciamo la spesa e quando cuciniamo. Alcune tra le azioni da mettere in atto subito per fare la nostra parte sono, ad esempio, aderire alle campagne di sensibilizzazione e approfondire le informazioni sul tema. Ma, soprattutto, possiamo combattere lo spreco alimentare tra i banchi del mercato e i fornelli, armati di lista della spesa e ricette creative, ricordando che ridurre gli sprechi alimentari è il modo migliore per garantire più cibo per tutti e allo stesso tempo per ridurre le emissioni dannose e il consumo di suolo. Perché la difesa dell’ambiente, nel nostro piccolo, può essere anche molto gustosa.
Articolo di Silvia Granziero