La storia incredibile del Global Seed Vault, il granaio hi-tech delle Svalbard
Vicino al Polo Nord c’è un ipertecnologico deposito dove sono conservati milioni di semi: è una banca genetica da cui ripartirà l’agricoltura. Ma sinora l’Italia ha donato solo 2 colture
È lo Svalbard Global Seed Vault, in italiano l’Arca (la cripta, il deposito) di Semi delle Svalbard, un’enorme struttura costruita a inizio 2008 sull’isola di Spitsbergen, appunto nell’arcipelago norvegese delle Svalbard, a poca distanza dalla cittadina di Longyearbyen, che è la città più a nord del mondo e ha una popolazione di circa 2mila persone. Siamo a un migliaio di chilometri dal Polo e il Vault è stato pensato, progettato e realizzato per salvare l’umanità da una catastrofe (no, non solo quelle immaginate dalla fantascienza), per conservare semi da tutte le parti del mondo, così da fare ripartire l’agricoltura qualsiasi cosa accada, riproducendo la diversità delle colture presenti sulla Terra. Con “qualsiasi cosa accada”, i progettisti intendevano proprio qualsiasi cosa: il Vault dovrebbe durare almeno 1000 anni ed essere in grado di resistere a tsunami, attacchi militari, tentativi di irruzione ed esplosioni nucleari. Forse anche all’impatto con un asteroide.
Chi l'ha fatto, a cosa serve
I semi di ogni coltura vengono donati dai vari Paesi, anche nel loro stesso interesse, e conservati come fossero nelle cassette di sicurezza di una banca: chiusi e sigillati in quattro strati di sacchetti isolanti, vengono catalogati, archiviati e messi via sino a quando sarà eventualmente necessario riutilizzarli. Nel senso di tirarli fuori dal Vault, spedirli nel loro Paese di origine, piantarli nel terreno cui appartengono e appunto fare ripartire la coltivazione di quel particolare tipo di semenza. L’idea è che se qualcosa andasse perduto, per una guerra, per una qualche catastrofe ambientale, per il disboscamento, non sarebbe perduto davvero e per sempre, perché all’interno del deposito norvegese ce ne dovrebbe essere una copia. Come un backup, ma di una cosa vera.
Com’è fatto (fuori e dentro) il Global Seed Vault
Quel che conta, succede all’interno: la struttura si estende per oltre 100 metri dentro a una montagna, infilata sotto al permafrost, protetta da muri di roccia spessi fra i 40 e i 60 metri. I depositi, che vengono aperti in media 3 volte l’anno, stanno in fondo: sono 3 stanze di 10 metri per 27 (al momento in cui scriviamo, solo una è occupata dai semi), con 6 metri di soffitto e dove la temperatura sfiora i 20 gradi sotto lo zero, quella giusta per conservare senza far germogliare. Per arrivare a questo livello di freddo, favorito dalle condizioni climatiche locali, ci sono impianti di congelamento alimentati dalla corrente elettrica che parte da Longyearbyen, oltre ad alcuni generatori d’emergenza. Perché se il Global Seed Vault deve resistere a “qualsiasi cosa”, figuriamoci se non resiste a un blackout.
Che cosa c’è dentro, come è stato usato, come verrà usato
Come detto, lo scopo del Vault norvegese è di funzionare come una banca (anzi, pure meglio): conserva i semi al sicuro e li restituisce in caso di necessità. Nell’ultima dozzina d’anni, è successo solo una volta: nell’autunno del 2015, rappresentanti dell’Icarda, un centro per la ricerca agricola che ha una delle sedi nella città siriana di Aleppo, hanno fatto richiesta per avere indietro alcuni campioni di frumento, orzo ed erbe del deserto. Nel Paese infuriava (e infuria tutt’ora) una violentissima guerra civile, il deposito dell’Icarda era stato invaso dai guerriglieri e le loro semenze erano andate distrutte. Perdute, se non ci fossero stati i backup alle Svalbard. Meno di 2 anni più tardi, a inizio 2017, dall’Icarda hanno provveduto a saldare il “debito”, facendo un nuovo deposito degli stessi semi.
Al di là di questo, il lavoro all’interno di questo granaio hi-tech non manca: alla fine di agosto è incominciato un esperimento sulla vita dei semi che andrà avanti... per i prossimi 100 anni. È realizzato in collaborazione con l’Istituto di Genetica delle piante della città tedesca di Seeland, che ha fornito le prime 5 colture (grano, orzo, piselli, lattuga e cavolo) da cui è partito lo studio, cui nel corso degli anni se ne aggiungeranno altre 9: per verificarne la longevità e la resistenza allo scorrere del tempo, saranno ibernate utilizzando l’azoto liquido, che dovrebbe rallentarne sensibilmente l’invecchiamento, e poi scongelate periodicamente ogni 10 anni. Sino al 2120, più o meno.
La questione della temperatura
Già nel 2016, proprio a causa dello scongelamento del permafrost che circonda la struttura, fu necessario spendere circa 20 milioni di euro per riparare i danni provocati da allagamenti e infiltrazioni d’acqua: “Negli anni successivi, fra 2018 e 2019 - ci ha ricordato Asdal - è stata realizzata una nuova condotta per smaltire l’acqua in eccesso. Crediamo che la struttura sia decisamente preparata per affrontare il futuro”. Perché il Global Seed Vault è stato progettato per resistere a qualsiasi cosa, pure all’azione dell’uomo...
Emanuele Capone si è formato professionalmente nella redazione di Quattroruote, dove ha lavorato per 10 anni. Nel 2006 è tornato nella sua Genova, è nella redazione Web del Secolo XIX e scrive di alimentazione, tecnologia, mobilità e cultura pop.
Immagini di apertura e articolo Stock shots Svalbard Global Seed Vault