Che cos’è il digiuno intermittente, come funziona, quali rischi si corrono
Da qualche anno il “non mangiare” attira sempre più persone: possono farlo tutti? È sicuro? Come si fa a farlo per bene? Soprattutto: può essere pericoloso? Il parere di un’esperta.
Intanto, un po’ di contesto: la “moda” del digiuno che fa bene, del fatto che smettere di mangiare per un periodo più o meno lungo sia positivo, è piuttosto recente e arriva dagli Stati Uniti. Ovviamente. Ancora più ovviamente, arriva dalla California, che è la culla dove nascono, crescono e si sviluppano molte delle tendenze che poi si allargano al resto del mondo, soprattutto per quanto riguarda l’alimentazione e il rapporto con il cibo. Da un posto specifico della California, in questo caso: fra 2018 e 2019, molte delle celebrità della Silicon Valley, intesi come gli amministratori delegati e i più importanti executive dei colossi della tecnologia (su tutti Jack Dorsey, creatore di Twitter), hanno incominciato a elencare le doti del digiuno, raccontando quanto (non) mangiano, di come si sentano meglio, addirittura di come siano riusciti a “riprogrammare” il loro corpo. Come fosse uno di quei computer con cui hanno a che fare quotidianamente. Come fosse una macchina
Il parere dell’esperta: come farlo e perché fa bene
Innanzi tutto, è necessario sapere che esistono 2 macrocategorie di digiuno, fra quelle più comuni: orizzontale, oppure verticale. La prima consiste nel saltare un pasto, sempre lo stesso (il pranzo, per esempio), tutti i giorni di tutte le settimane; nella seconda, forse più semplice e praticabile, si salta un pasto di un determinato giorno alla settimana (la cena del mercoledì, per esempio). Del digiuno verticale, la modalità più diffusa è la 16/8, che significa che nell'arco di una giornata si digiuna per 16 ore e si mangia per le altre 8. Nell'esempio più classico, si mangia a colazione e a pranzo e poi non ci si nutre più dalle 17, si salta la cena e si torna a mangiare alla colazione del giorno successivo: “Questo permette di affrontare il digiuno prevalentemente nelle ore notturne - è il chiarimento della Pastore - quando il dispendio energetico e la richiesta energetica sono minori. Ovviamente, nel tempo che passa prima di coricarsi è comunque consigliabile assumere liquidi, eventualmente anche sali minerali, e restare idratati”.
Detto come si fa, resta la domanda fondamentale: perché si dovrebbe farlo? A che cosa serve? Davvero fa bene, come sostengono i guru della Silicon Valley? La nutrizionista contattata dal Cucchiaio è d’accordo con quello che sembra il sentire più comune al giorno d’oggi: “Se fatto bene, fa bene. È una buona pratica di longevità”, utile insomma per fare durare la “macchina” (il nostro corpo, cioè) più a lungo. Ma in che modo, fa bene? “La nostra alimentazione, quella di chi vive nel mondo occidentale, porta a un eccesso di nutrienti, soprattutto di carboidrati: non smettiamo praticamente mai di mangiare, tranne forse quando siamo malati - fa notare la Pastore - Invece, interrompere il consumo di cibo ogni tanto ha effetti disintossicanti sul fegato e permette all'apparato digerente di riposarsi”. Ancora: “Consente di liberare i recettori insulinici e di migliorare la insulino-resistenza, anche prevenendo il diabete e i tumori (un concetto su cui è d’accordo pure la Fondazione Veronesi) ed è utile pure per chi soffre di gastriti o di colon irritabile”.
Questo tipo di digiuno serve anche per perdere peso? Sì e no: no nel senso che non può essere la base del nostro regime alimentare e dunque non può essere il mezzo attraverso cui perseguire la riduzione della massa corporea; sì perché “una volta raggiunto il peso desiderato, una volta persi i kg in eccesso, può aiutare nella fase di mantenimento, evitando che si torni a ingrassare”. L’importante, come sempre in questi casi, è che ci siano costanza e impegno.
Il dubbio: quali rischi si corrono e quando serve un medico
C’è anche un altro problema, su cui la comunità scientifica s’interroga spesso quando si parla di questi argomenti: sino a qualche anno fa, prima che diventasse “giusto”, il digiuno era associato ai disturbi alimentari. Prima che Dorsey e gli altri boss della Silicon Valley ci dicessero quanto stavano bene a non mangiare, le persone che non mangiavano, che sceglievano di rinunciare al cibo non per stare bene, ma per sentirsi bene, essere in pace con loro stesse e anche perdere peso, erano le persone che soffrivano di anoressia. Il timore è che descrivere come corretto questo modo di mangiare, che fra l’altro prevede una definizione pericolosamente precisa di come, quando e quanto mangiare, anche diviso ora per ora e giorno per giorno, possa farne dimenticare i rischi e spingere più persone verso questo grave disturbo.
Che è uno dei motivi per cui, se si decide di voler provare il digiuno, orizzontale o verticale che sia, è meglio prima sentire il parere di un medico. O di una nutrizionista.
Emanuele Capone si è formato professionalmente nella redazione di Quattroruote, dove ha lavorato per 10 anni. Nel 2006 è tornato nella sua Genova, è nella redazione Web del Secolo XIX e scrive di alimentazione, tecnologia, mobilità e cultura pop.
Illustrazione di Davide Abbati.