Oltre la Silicon Valley: 7 start-up del cibo da tenere d’occhio
Consegne reinventate, la doggy-bag che diventa Le Gourmet Bag, carne creata dalla frutta e pure dall’aria: ecco sette compagnie piccole che presto potrebbero diventare grandi
È la conferma che quello legato al cibo resta un settore merceologico ricco e profittevole, ma anche dimostra che negli ultimi anni questa tendenza sembra inarrestabile, con un numero crescente di piccole compagnie che in poco tempo fanno il grande salto e diventano giganti. E anche inventano mercati che prima nemmeno esistevano.
Di seguito, ecco 7 realtà da tenere d’occhio prima che facciano il “botto” (o anche in cui investire, se non volete pentirvi come quelli che l’anno scorso si sono fatti sfuggire le azioni di Beyond Meat).
Take-Away
Proprio da qui, nel 2016 è nato in Francia un progetto finanziato anche dal governo. È nato a Lione, e chissà se è un caso che sia nato nella città dello chef Paul Bocuse: chissà cosa pensava lui della start-up che allora si chiamava Take-Away e ha iniziato la sua mission dalla terminologia, perché le parole sono importanti ("Sei un vegetale!" l'Accademia della Crusca ci spiega l'influenza che le parole hanno sul nostro modo di mangiare), perché “Le Gourmet Bag”, che è il nome che si sono inventati, suona decisamente meglio di “doggy-bag” e anche perché chiederne una è probabilmente più facile che dire “scusi, mi dà un sacchetto dove mettere gli avanzi per il cane?”.
L’opera di convincimento di Take-Away (sui clienti dei ristoranti, ma pure sui ristoratori) passa anche attraverso una scatola creata proprio allo scopo, fatta di cartone riciclabile, facile da trasportare, impermeabile e pure gradevole alla vista. Sempre per evitare quel momento imbarazzante del “scusi, ha un sacchetto per gli avanzi?”.
Too good to go
Secondo l’azienda, della sua rete al momento fanno parte quasi 7mila realtà commerciali e sinora sono stati “salvati” quasi 1,2 milioni di pasti: attraverso l’app, è possibile cercare quello che interessa sia attraverso una mappa geolocalizzata sia in base a ingredienti e piatti che si vorrebbe mangiare.
Karana
È un buon business, insomma, come si sono accorti i fondatori di Karana, una start-up di Singapore che l’estate scorsa ha raccolto 1,7 milioni di dollari di finanziamenti per produrre un’alternativa plant-based al maiale partendo dal “jackfruit”. In italiano si chiama giaco ed è il frutto più grande fra quelli che crescono sugli alberi: opportunamente lavorato, avrebbe un sapore abbastanza simile a quello della carne che deve rimpiazzare.
In alcune parti dell’Asia, i prodotti di Karana sono già in vendita nei supermercati e nelle catene di fast-food e la compagnia si è detta pronta a sviluppare altri cibi a base vegetale che possano sostituire quelli di derivazione animale.
Air Protein
L’idea, come forse si capisce dal nome della compagnia, è quella di creare la carne… dall’aria. No, la magia non c’entra: si usa un processo di fermentazione probiotica simile a quello che permette di arrivare a birra e yogurt, in questo caso partendo però da anidride carbonica, azoto e ossigeno, combinati con acqua e nutrienti per sintetizzare una proteina da “iniettare” poi nel prodotto finito.
Yamo
L’idea dell’amministratore delegato, Tobias Gunzenhauser, è quella di creare alimenti sani e sostenibili (per la Terra) da destinare ai più piccoli, prevalentemente a base vegetale, da cui sono stati tolti zuccheri in eccesso e altri ingredienti ritenuti inutili e anzi dannosi. E visto che la piaga del cibo ultratrasformato (La mala-evoluzione del junk food: cos’è il cibo ultratrasformato, la tentazione da cui non riesci a liberarti) tocca anche il cibo per i bambini, potrebbe in effetti essere una buona idea.
Healthy Fresh Meals
La compagnia si chiama Healthy Fresh Meals (Pasti Freschi e Salutari, in italiano), dà lavoro a 25 persone e serve prevalentemente la zona compresa fra Baltimora e Washington, consegnando più o meno 4mila pasti alla settimana, il cui costo medio si aggira sui 12 dollari.
Gli affari vanno bene, ha raccontato la Greenbaum al Washington Post, parlando di incassi vicini ai 2 milioni di dollari entro la fine dell’anno: tutti i pasti vengono cucinati nella sede di Hyattsville, sigillati e messi in vassoi riciclabili che dovrebbero tenerli freschi per una settimana (se conservati in frigo) e poi consegnati da un piccolo “esercito” di corrieri.
iFarm
Si chiama iFarm, ha sede a Espoo, in Finlandia, e uffici anche Dover, negli Stati Uniti, e a Mosca: la loro idea è quella di offrire soluzioni modulari, basate appunto sui princìpi delle coltivazioni idroponiche, ampliabili a seconda delle esigenze, per fare crescere pressoché ovunque le verdure, l’insalata, pure i frutti di bosco. Così da averli sempre pronti e freschi fra le mura domestiche, o nella zona relax dell’ufficio, qualsiasi cosa accada là fuori.
A completare il tutto, un software, chiamato Growtune , che permette di tenere d’occhio le coltivazioni anche da remoto, controllare il processo di crescita, sapere per tempo se e dove serve acqua, se è il momento del raccolto e così via.
Emanuele Capone si è formato professionalmente nella redazione di Quattroruote, dove ha lavorato per 10 anni. Nel 2006 è tornato nella sua Genova, è nella redazione Web del Secolo XIX e scrive di alimentazione, tecnologia, mobilità e cultura pop.
Immagine di apertura Healthy Fresh Meals